Il baobab
L’occhio si perde ad osservare la Savana che si estende infinita davanti a noi, il colore giallo sbiadito della prateria è interrotto ogni tanto dal verde di qualche acacia e dal marrone-grigio dell’enorme tronco del Baobab africano (Adansonia digitata). Questo si erge come una cattedrale nel deserto, solitario e maestoso, con rami spogli durante la stagione secca che ricordano braccia di un albero “magico” o radici di un albero disposto “a testa in giù” come narra una leggenda africana.
Il Baobab appartiene al genere Adansonia che comprende 8 specie, 7 africane, di cui ben 6 endemiche del Madagascar e 1 australiana. Con i suoi 25/30 metri di altezza, un diametro che misura tra i 3 e i 6 metri ma che eccezionalmente può arrivare a 8 metri non passa certo inosservato. Da sempre ha destato la curiosità delle popolazioni indigene africane e australiane che gli hanno dedicato diversi soprannomi: l’albero rovesciato o l’albero della vita, per la sua forma peculiare, ma anche per i suoi numerosi usi alimentari e medicinali. Pare che il termine Baobab derivi dall’arabo e significhi “padre di molti semi”. Per approfondirne gli usi: bibliolab.it
Baobab nella savana durante la stagione umida
Il rapporto tra babobab ed elefanti
Ancora prima che agli uomini il Baobab è caro agli animali della Savana: sotto le sue fronde da milioni di anni trovano rifugio e ombra le mandrie, possono mangiarne le foglie ed i frutti e masticarne il legno. Pipistrelli e lemuri si nutrono del nettare dei suoi grandi fiori odorosi che schiudono di notte, provvedendo così al trasporto del polline da un fiore all’altro.
Il più affezionato al Baobab tra gli animali della Savana è l’elefante (Loxodonta africana). Maestoso, antico, longevo e saggio come il Baobab, l’elefante conosce meglio di chiunque altro il “tesoro” nascosto nella sua corteccia, l’acqua. Alto ben 3-3,8 metri con un peso di 4000-6000 kg, l’elefante deve mangiare circa 300 kg di vegetali al giorno e spesso utilizza la sua lunga proboscide per afferrare le foglie sulle chiome degli alberi. Grazie alla sua mole è in grado di abbattere gli alberi e modificare l’habitat degli altri abitanti della Savana. Gli alberi sradicati e i rami rotti che i pachidermi lasciano al loro passaggio, forniscono infatti un facile nutrimento di prima scelta per altri erbivori.
Pur avendo una buona resistenza alla sete, mediamente un elefante beve 90-100 litri d’acqua al giorno. Nei periodi più caldi, quando la temperatura raggiunge i 50°C arriva a bere anche a 200 litri, aspirando 9 litri per volta con la proboscide.
Elefanti nella savana
La secca del Great Ruaha
Fino al 1993 il fiume Great Ruaha, all’interno del Parco Nazionale del Ruaha, scorreva tutto l’anno permettendo alla vita di proliferare e fornendo acqua anche alle più grandi popolazioni di leoni ed elefanti in Africa. Dal 1993 ad oggi però, a causa del sovrasfruttamento delle acque del suo bacino idrografico per l’irrigazione di risaie ed altri cereali, il fiume Ruaha ha interrotto il suo flusso perenne, seccandosi ogni anno da Settembre a Dicembre.
In questa situazione di carenza idrica, la sopravvivenza ed il rapporto di buon vicinato tra elefanti e baobab è determinato esclusivamente dal ciclo delle piogge. Durante la stagione delle piogge la convivenza tra i due giganti nel Parco è pacifica. I Baobab germinano numerosi mentre gli elefanti trovano fonti di cibo e acqua alternativi. Ma durante la stagione secca gli elefanti assetati vagano nelle pianure alla ricerca dell’albero “bottiglia” come oasi nel deserto. Una volta strappata la corteccia del Baobab gli elefanti scavano con la proboscide nel legno soffice che contiene il 75% di acqua in peso insieme a minerali e vitamine.
In condizioni normali, nonostante l’intervento “plasmante” da parte dell’elefante, l’albero sopravvive, spesso con delle tracce indelebili della mano o meglio della proboscide del pachiderma. Pare che in milioni di anni di convivenza il baobab abbia imparato a “curarsi” dalle ferite inflitte dall’elefante assetato. Negli ultimi anni di particolare siccità nel Parco però, gli elefanti hanno danneggiato irreparabilmente il tronco dei Baobab, portando in alcuni casi, alla scomparsa totale dell’albero.
Baobab nella savana durante la stagione secca
Le foreste di Baobab esistenti
La scrittrice e pittrice di fauna selvatica Sue Stolberger [An Intimate View –Ruaha National Park: A field guide to the common trees, flowers and small creatures of Central Tanzania. Sue Stolberger] ha osservato che nel Parco del Ruaha sono presenti sia diversi individui antichi intatti ma anche diverse zone con individui giovani che formano anche “foreste di Baobab”. Questa osservazione è legata al fatto che ai primi del Novecento prima che il parco divenisse area protetta, la zona era considerata uno dei luoghi dove potere ottenere maggiori quantità di avorio nel paese, quindi la caccia all’elefante era molto diffusa.
Tra il 1970 ed il 1980 il bracconaggio ha raggiunto il suo massimo e la popolazione di elefanti è stata decimata da 70.000 a 7000 nel 1990. La riduzione del numero di elefanti ha dato il tempo agli individui anziani di Baobab di rigenerarsi e agli individui giovani di crescere e raggiungere dimensioni adeguate prima del ritorno dei branchi di elefanti.
La protezione del Parco del Ruaha
Ora grazie alla protezione dell’area e l’educazione ambientale, la popolazione di elefanti è aumentata tanto che è una delle più numerose d’Africa. I suoi effetti sui baobab però si vedono chiaramente. L’equilibrio tra i due giganti è precario, soprattutto perché in questo parco la presenza d’acqua è stata limitata a causa dell’intervento umano.
La speranza è che i due giganti saggi continuino a convivere e a co-evolvere come hanno fatto in milioni di anni, affascinando anche le generazioni future e continuando a svolgere il loro ruolo chiave nell’ecosistema di Savana.
Maria Teresa Trivella
Guida Ambientale Escursionistica, si occupa di eco-turismo