Per correttezza e per rispettarne la privacy abbiamo cambiato i nomi dei suoi compagni di viaggio con nomi di fantasia.
Buona lettura!
Tanzania, Natale 2016
Dal diario di viaggio di una nostra viaggiatrice
23 dicembre
Come sempre odio fare le valigie… Da settimane ho accumulato vestiti e oggetti vari potenzialmente utili sul letto dello studio e oggi è l’ultimo momento che ho per impacchettare tutto…
Sembra che il mio zaino stia per esplodere, ma comunque c’è entrato tutto quello che mi sembrava indispensabile.
Taxi babbo arrivato con 45 minuti di anticipo, ultimi attimi di panico da valigia e poi si parte.
Mario è già in stazione (più ansioso di me?) e mi aspetta al bar con l’ultimo caffè pre partenza. Ordino un caffè anche io ma mi tremano le mani dall’emozione e quasi non riesco a mandarlo giù. Da bravo cittadino del mondo lui è venuto con un’enorme trolley rigida…
Il treno Trento – Verona è come sempre super affollato, con la solita sfacciataggine rubo 2 posti in un vagone pieno. Conosciute Lucia e Silvia alla stazione di Verona, Silvia ha una giacca arancione e un grosso zaino come il mio.
Il viaggio della speranza continua dopo un attimo di panico dovuto al treno per Milano non segnalato correttamente. Arrivati a Milano lunga corsa per 15 binari e salita sull’ultimo trenino… Destinazione: Malpensa Terminal 2!
Arrivati reincontro gli altri viaggiatori conosciuti a Schio durante l’incontro pre-viaggio organizzato da Biosphaera: Massimo e Ilaria con Paolo sono venuti in macchina da Bologna, Erica, Nicola e Marina da Bolzano. Finalmente conosciamo Roberta la nostra guida, è molto giovane, ma ci mette subito in riga sempre con un dolce sorriso, ma piglio fermo.
Uff, solito sclero pre controlli, ma alla fine tutto ok. In aereo siamo separati, comunque c’è ancora un po’ di diffidenza e ci spostiamo poco per conoscerci meglio… bah ci saranno 15 giorni di tempo e faremo in tempo a stufarci gli uni degli altri.
24 dicembre
Scalo tecnico a Roma, ad Addis Abeba senza acqua e poi finalmente Dar es Salaam. Finalmente il caldo africano!
Primo impatto con l’Africa: viaggio in pullmino attraverso uno dei quartieri della città dove la gente è tutta in strada in un susseguirsi di banchetti di frutta con meravigliosi ananas, manghi e banane, negozietti di stoffe e vestiti sia di orrenda ispirazione occidentale che di meravigliosi tessuti locali, cestoni intrecciati, donne coloratissime che portano grandi pesi in perfetto equilibrio sul capo oppure piccoli bimbi legati con un telo sulla schiena, orgogliosi maasai che passano indifferenti accanto a noi con i loro vestiti di tartan e le loro mazze, uomini nullafacenti che guardano oziosi il nostro passaggio.
Vediamo un terrificante macellaio e due uomini che a pochi centimetri da un grande pezzo di manzo sanguinolento tagliano con una motosega un tronco spargendo frammenti di legno ovunque, il tutto sotto lo sguardo attento di un gruppetto di bambini che si distrae solo per salutare noi… In un’altra strada ci sono mucchi di mobili (principalmente letti) di legno laccato e pesantissimi divani in velluto zebrato multicolor e un’infinità di piantine in vaso esposti da piccoli vivai. Tappa a vedere (e comprare) colorati quadri Tingatinga di magici animali dipinti da membri della scuola originale di Dar.
Arrivo al Cefa, ostello fondato da un’associazione di volontari di Bologna e ora gestito dai locali. Ci dividiamo nelle stanze, sono stata gentilmente adottata da Lucia e Silvia, e ci apprestiamo a consumare il nostro primo pasto in Tanzania a base di pollo. Cantiamo una canzone fingendo di sentire lo spirito natalizio, ma il caldo rende difficile entrare in atmosfera…
Panico da zanzare, maniche e pantaloni lunghi nonostante la temperatura e bagno nell’Autan per tutti, cerchiamo di dormire e recuperare energie sotto le zanzariere drappeggiate, ma il caldo e le emozioni di questo primo giorno non aiutano molto….
25 dicembre
Sveglia all’alba, è Natale! E’ difficile rendersene conto con questo caldo! Colazione con pane e marmellata e qualche biscotto natalizio alla cannella e poi partenza alla volta del parco nazionale del Ruaha.
La strada per uscire dalla città è una fila infinita di camion che il nostro autista Samson affronta un po’ alla volta in azzardati sorpassi evidenziati da rumorosi colpi di clacson.
Inaspettatamente il paesaggio è molto verde, ci sono distese di agavi alternate a bassi cespugli e interrotti qua e là da meravigliosi alberi dai fiori fiammeggianti. Passiamo per il Mikumi National Park, purtroppo non ci si può fermare, ma abbiamo comunque un assaggio della fauna che vedremo al Ruaha, gruppi di eleganti impala, zebre, elefanti e giraffe. Il viaggio prosegue per la Valle dei baobab, sono molto diversi da come li avevo visti in foto, goffi e spogli, qui invece sono eleganti e con una folta capigliatura verdeggiante… Superiamo un camion rovesciato, il nostro autista regala dell’acqua al conducente, ma non ci fermiamo.
Arrivati a Iringa comincia un acquazzone, la gente in strada inizialmente non si preoccupa, ma poi corre al riparo, dura poco ed è una fortuna per noi perché l’ultimo pezzo di strada è uno sterrato che poteva diventare impraticabile con la troppa pioggia. La via è comunque molto sconnessa, passiamo per innumerevoli piccoli villaggi e notiamo, incuriositi, un’insolita e particolare concentrazione di chiese (che scopriamo poi essere ortodosse) tutte dello stesso tipo, bianche e azzurre, che spiccano incoerenti nell’uniforme paesaggio africano.
In serata finalmente arriviamo al Tungamalenga Lodge, alloggiamo in graziosi di bungalow di legno.
Notte movimentata, cerchiamo di addormentarci ignorando il gruppo di indiani nostri vicini che festeggiano senza pensieri e successivamente il nostro sonno viene turbato dall’insistente pepperepè di un autobus, ripetuto per tre quarti d’ora a partire dalle 4 del mattino e che sveglia persino il gallo del lodge… La nostra stizza per essere stati disturbati si smorza un po’ quando capiamo che l’autista offriva il servizio di sveglia alle persone del villaggio che si apprestavano ad affrontare una lunga giornata di viaggio.
26 dicembre
Altra levataccia, ma siamo super emozionati per il safari che ci aspetta. Viaggiamo su due jeep col tetto apribile in modo da godere appieno l’esperienza rimanendo comunque al sicuro. Impala, giraffe ed elefanti visti da vicino sono entusiasmanti, scattiamo centinaia di foto da riportare ai nostri cari a casa. Continuando il giro ammiriamo innumerevoli specie di uccelli e anche il paesaggio che varia in continuazione, distese di erba secca in cui si stagliano solitari baobab, aree coperte da cespugli verdeggianti, euphorbie a candelabro, rocce scure che sembrano dorsi di animali che poi scopriremo essere di natura vulcanica, piccoli specchi d’acqua in cui si nascondono gli ippopotami, letti di fiume in secca, lussureggianti palme.
Ammiriamo un gruppo di elefanti che camminano tranquilli e poi mentre stiamo per allontanarci l’altra macchina richiama la nostra attenzione: ci sono i leoni!!!!!
Sono due, un maschio e una femmina che riposano tranquilli sotto un albero un po’ più in alto rispetto a dove siamo noi. Li ammiriamo da lontano e poi… Non so cosa scatta nel cervello del nostro autista, ma parte in quarta su per una salita non segnalata e si ferma a circa 3 metri dalla coppia! Il maschio è visibilmente disturbato e alza la testa stizzito! Mi guarda diritto negli occhi, enormi iridi gialle che si fissano un attimo nelle mie, mi spavento e per non sembrare aggressiva abbasso lo sguardo d’istinto… Poi mi accorgo che ho gli occhiali da sole e mi sento ridicola… ripensandoci gli occhiali erano a specchio e quindi chissà cosa ha visto lui! Ammetto che ciascuno dei miei compagni è convinto che il leone abbia guardato proprio lui.
Comunque si tranquillizza e riprende a guardarsi pigramente attorno. La leonessa è sdraiata, sembra cieca ad un occhio. Arriva un’altra jeep e quindi ci accomiatiamo dai reali con timoroso rispetto. Dopo questa esperienza è un po’ difficile emozionarsi per gli ennesimi impala ed elefanti, ma veniamo distratti da una coppia di minuscoli dik-dik, una specie di piccole antilopi dai grandi occhioni dolci e subito dopo da un gruppetto di cercopitechi con un piccolo appeso al collo della mamma e un maschio che esibisce fiero i propri testicoli azzurri.
Si mangia sotto un enorme baobab, siamo un po’ provati dal caldo, ma ancora avidi di emozioni. Costeggiamo il fiume Ruaha in secca e avvistiamo un branco di elefanti fra cui uno piccolissimo. Il nostro autista conferma che avrà al massimo una settimana. Prima rimane coperto dal branco degli adulti, ma poi, pieno di coraggio, comincia a trotterellare da solo e si stacca un po’ dalla sua mamma. In quel momento sto facendo un filmato e quindi una volta ritornata nella quotidianità potrò riguardare all’infinito la sua traballante corsetta.
Arriva l’ora del tramonto: si sta facendo tardi e quindi ci avviamo verso l’uscita del parco, un ultimo saluto agli impala e agli elefanti e arriviamo a Tungamalenga.
Dopo una giornata seduta sulla jeep, per quanto stancante, ho decisamente voglia di camminare e sgranchirmi un po’ le gambe quindi quando Nicola mi invita (per scherzo) a fare un giro accetto al volo. Lo spiazzo un po’, ma decidiamo comunque di fare due passi. Il cielo è immenso e per fortuna non sono sola perché mi intimorisco a percorrere il villaggio con tutti che ci osservano incuriositi a causa della nostra pelle così…pallida!
27 dicembre
Partenza presto da Tungamalenga e nuovo efficiente massaggio anticellulite sulla strada sterrata. Incontriamo un bus di locali con il semiasse rotto a causa delle condizioni del percorso, i passeggeri sono tutti in strada, il villaggio più vicino è lontanissimo, ma non possiamo fare nulla per loro… Proseguiamo e dopo un (bel) po’ vediamo che sta arrivando un altro bus in loro soccorso. E’ spaventoso pensare quanto facile sia incappare in un inconveniente di questo tipo, per fortuna superiamo lo sterrato indenni.
Sosta a Iringa e pausa caffè alla cooperativa Neema Crafts (www.neemacrafts.com) che supporta le persone con disabilità della zona. Vendono oggetti di artigianato prodotti dai loro associati, bellissime coperte patchwork, gioielli fatti con palline di carta riciclata colorata, cuscini e borse fatte con tessuti meravigliosi e coloratissimi e vestiti (!!!!). Avevo già deciso di mettere da parte il mio scetticismo per i souvenir e cercare di supportare il più possibile le organizzazioni con cui entravamo in contratto e ho cominciato da qui la mia spirale di shopping compulsivo comprando un bellissimo vestito a vestaglia con i colori della terra d’Africa.
I nostri ritmi sono sempre serratissimi, tappa veloce al mercato locale, sotto una grande tettoia ci sono file infinite di banchetti…mucchi e mucchi ordinatissimi di pesce secco impilati a formare tante piccole piramidi e circondati da immancabili nugoli di mosche, sacchi enormi di riso e cereali vari, verdure e frutta di tutti i tipi. Temiamo di aver perso Paolo ed Erica e viviamo qualche momento di agitazione (soprattutto la povera guida Roberta): mmmh, si sono allontanati senza avvisare, ma tutto bene.
Riprendiamo il viaggio: i paesaggi che osserviamo dal pullman cambiano in continuazione, sulla strada per gli Udzungwa troviamo prima una grande centrale idroelettrica e poi ettari interi di piantagioni di canna da zucchero. Queste piantagioni di proprietà di una compagnia Sudafricana hanno tolto il terreno coltivabile alle famiglie della zona con la promessa di una facile ricchezza e disboscato intere aree della regione.
Sfrecciamo per moltissimi villaggi sollevando un rosso polverone al nostro passaggio e infine arriviamo all’ostello del centro di monitoraggio del Muse (www.udzungwacentre.org) a Mangula B.
Domani escursione in foresta. È favoloso essere qui.
28 dicembre
Va tutto meravigliosamente, io finora sto benissimo fisicamente e mentalmente. C’è qualche piccolo fuori programma, ma tutto regolare se si considera che siamo in pieno “african style”.
La mattina partiamo per il giro in bici nei villaggi; vediamo tantissime persone, donne vestite meravigliosamente che vanno in giro diritte come fusi con cesti enormi in testa oppure che cucinano su fuochi a tre pietre, bimbi bellissimi dai grandi occhi scuri e dai sorrisi bianchissimi che ci salutano allegri, uomini che passano in bicicletta con enormi fascine di legno sul retro sfidando le leggi della forza di gravità…
Visitiamo una scuola aperta apposta per noi (è vacanza in questi giorni) e partecipiamo ad una lezione simulata. Il maestro spiega l’apparato urinario con il supporto della classe, i bimbi fanno a gara per rispondere alzando la mano e schioccando le dita oppure recitando una specie di poesia che li aiuta a memorizzare i concetti studiati. Sono dolcissimi, ci guardano con curiosità e i più coraggiosi ci salutano e ci chiedono di fare delle foto con loro. Ci mostrano come di solito fanno ricreazione, si ritrovano in cortile e cantano e ballano tutti assieme accompagnati dal ritmo dei tamburi suonati da alcuni di loro, trascinati da una bimba con una voce bellissima e decisa.
Per ringraziarli del loro omaggio ricambiamo con un “ban” urlato e ballato guidati dalla maestra Marina: siamo un po’ ridicoli, ma loro sembrano apprezzare e dopo un po’ si uniscono a noi. Ripartiamo alla volta della piantagione degli alberi della gomma cavalcando le nostre biciclette; appena arrivati ci coglie un acquazzone impetuoso e ci rifugiamo in uno degli edifici addetti alla lavorazione. Massimo vaga disperato per l’edificio, Ilaria si è rifugiata in una costruzione adiacente. Incurante della pioggia il valoroso consorte si precipita a salvare la sua bella protetto da un grembiule di plastica. Al ritorno il gesto romantico viene un po’ sminuito dal fatto che non ci stanno in due sotto il grembiule e che uno dei ragazzi della piantagione va loro incontro portando un altro riparo… L’odore della gomma (e dell’acido formico utilizzato per produrla) è molto pungente, ma ci adattiamo e consumiamo il nostro pasto cullati dalla pioggia.
Smette dopo poco e le guide ci mostrano come viene prodotta la gomma: incidono i tronchi, raccolgono il lattice, poi lo diluiscono con acqua e acido formico e lo fanno affumicare e poi seccare al sole. Il prodotto finale è una specie di pezza molto elastica e resistente.
In ostello attimi di panico perché Mario non torna dal giretto che si è fatto da solo in villaggio: alla fine scopriamo che si è fermato a giocare a biliardo con i ragazzi del posto…
Viene a trovarci una sartina che ci prende le misure per degli abiti che indosseremo a Capodanno e che ci confezionerà con le stoffe acquistate al villaggio. Un po’ di confusione nella scelta dei modelli, speriamo bene!
29 dicembre
…Come andrà a finire? Se siete curiosi di sapere come proseguirà il viaggio della nostra protagonista, tenete d’occhio il nostro blog: ci vediamo alla prossima puntata!