La Guida dell’Alta Via della Grande Guerra

Sulle Prealpi Vicentine si snoda un lungo percorso che conduce nei luoghi dove più di cent’anni fa si svolse la Prima Guerra Mondiale: incastonato nella natura di montagna, tra prati d’alta quota, vallate boscose e rupi scoscese, l’Alta Via della Grande Guerra offre ai visitatori la possibilità di immergersi nella storia e comprendere fatti e vicende che hanno influenzato profondamente le condizioni ambientali e sociali del territorio della Regione Veneto.

Il percorso in breve
Lunghezza: 200 km circa
Partenza da: Sacrario Militare di Cima Grappa (Pieve Del Grappa, Vicenza)
Arrivo a: Ossario del Pasubio (Valli del Pasubio, Vicenza)
Tempo di percorrenza: 18/21 giorni
Difficoltà: Difficile

Nei paragrafi seguenti vi racconteremo la storia dei luoghi toccati attraversati da questo percorso, e vi condurremmo passo dopo passo alla scoperta di un vero e proprio museo a cielo aperto, unico in Italia.

L’Alta via della Grande Guerra è un percorso impegnativo nel suo complesso, ma che può essere percorso in numerose tappe e che si presta a diventare uno scenario di grande interesse per trascorrere una intera vacanza a contatto con la natura e la cultura delle Prealpi Venete.

Dal Monte Grappa ad Asiago

Le tappe in breve
1 – Sacrario del Grappa – Monte Pertica – Monte Asolone – Trattoria al Lepre
2 – Trattoria al Lepre – Col Moschin – Valstagna
3 – Valstagna – Calà del Sasso – Sasso di Asiago – Cima Ekar – Turcio – Asiago

La nostra partenza inizia da quello che, assieme al Sacrario di Redipuglia in Friuli-Venezia Giulia, è forse il più grande ed imponente Ossario militare della Grande Guerra.

Sacrario Militare del Grappa

Situato sulla vetta del Monte Grappa, a 1776 metri di quota, al confine tra le Provincie di Treviso e Vicenza, il Sacrario Militare del Monte Grappa fu realizzato tra il 1932 e il 1935 dall’Architetto Giovanni Greppi e dallo scultore Giannino Castiglioni. L’imponente struttura è composta da due settori:

  • Il settore nord costituisce l’ossario austroungarico, ed ospita 10.295 salme, di cui solo 295 identificate.
  • Il settore sud costituisce l’ossario italiano, ed ospita 12.615 salme, di cui solo 2.283 identificate.

I due settori sono tra loro collegati dalla Via Eroica, lunga 300 metri, con a lato i 14 cippi recanti ciascuno i nomi delle cime montane teatro di guerra: Monfenera, Monte Spinoncia, Col dell’Orso, Prassolan, Fontanasecca, Col della Beretta, Monte Asolone, Monte Val de Roa, Monte Pertica, Col Moschin, Porte di Salton, Col del Miglio, Ca’ Tasson

Sacrario del Monte Grappa

All’inizio della Via Eroica, nel versante nord, è situato il Portale Roma. Costruito su progetto dell’Architetto Alessandro Limongelli, sul portale vi è scolpita il primo verso della Canzone del Grappa. La Canzone del Grappa fu scritta dai Generali Antonio Meneghetti (musica) ed Emilio De Bono (testo). L’ispirazione utilizzata fu quella di una scritta anonima apparsa sui muri di una casa nei pressi di Cismon del Grappa, in Valbrenta, la quale nel 1918 veniva recitata da tutti i soldati italiani impegnati sul fronte contro gli austro-ungarici: Monte Grappa tu sei la mia patria.

Nel versante sud, al centro dell’Ossario italiano, è situato il Sacello della Madonna del Grappa, la Vergine Ausiliatrice posta sulla vetta il 4 agosto 1901 alla presenza del Patriarca di Venezia Giuseppe Melchiorre Sarto (il 4 agosto 1903 diverrà Papa Pio X), a simbolo della fede cristiana del Veneto. Negli anni della Prima Guerra Mondiale, la Madonna del Grappa divenne il simbolo della Patria e della fede divina a tal punto che, il 4 agosto 1921, prima di essere riposta sul Sacello, fece il giro d’Italia su un vagone ferroviario al cui passaggio venivano lanciati fiori, si pregava in ginocchio e c’era chi piangeva.

Nel Sacrario, assieme agli altri militari, vi è sepolto il loro Comandate, il Generale Gaetano Giardino, che comandò l’armata del Grappa portandola alla vittoria. Nel settore austro-ungarico, colpisce particolarmente la tomba n. 107 del soldato austro-ungarico di origini rumene Peter Pan.

La Valle Del Brenta

Scendendo dalla vetta del Monte Grappa, ci dirigiamo verso la Valle del Brenta, e più precisamente nel Comune di Valstagna. Negli anni della Prima Guerra Mondiale, tra i numerosi volontari stranieri che giungevano da quelle parti, vi fu anche Ernest Hemingway, che di Valstagna disse, secondo quanto riferisce Mario Rigoni Stern nel Sergente della Neve:

Qui Valstagna: parla Beppo. Valstagna è un paese sul fiume Brenta lontano dal mio dieci minuti di volo d’aquila mentre qui indicava il comando di compagnia. Beppo, il nostro capitano nativo di Valstagna. Pareva proprio di essere sulle nostre montagne e sentire i boscaioli chiamarsi tra loro”.

In un suo celebre romanzo Al di là del fiume e tra gli alberi, pubblicato nel 1950, Hemingway scrive: “Vorrei essere seppellito lassù, lungo il Brenta, dove sorgevano le grandi ville coi prati, giardini, platani, cipressi… Io sono un ragazzo del Veneto… un ragazzo del Pasubio… del Basso Piave… un ragazzo del Grappa”.

Lasciandoci alle spalle le propaggini abitate di Valstagna, imbocchiamo l’imponente scalinata Calà del Sasso, che ci riporta nuovamente in alto, coprendo 745 metri di dislivello fino a giungere alla frazione asiaghese di Sasso. Con i suoi 4.444 gradini, la Calà del Sasso è la scalinata più lunga d’Italia, d’Europa e la seconda più lunga del mondo, dietro soltanto ad Adam’s Peak, in Sri Lanka, che conta 5.500 gradini.

L’Altopiano di Asiago

Da Sasso ci spostiamo per vari sentieri secondari, fino a giungere nel centro dell’Altopiano dei Sette Comuni: Asiago. Partendo dal centro di Asiago e spostandoci in direzione est, dopo poche centinaia di metri ci troviamo dinanzi ad un imponente arco che ci ricorda per qualche istante l’Arco di Trionfo di Parigi: siamo davanti al celebre Ossario di Asiago. Il progetto originale ebbe origine nel 1932, quando nacque l’idea di raccogliere tutte le salme dei caduti nella Grande Guerra sparsi nei vari monumenti e cimiteri dell’Altopiano in un unico grande ossario. Negli anni successivi venne attuato il progetto da parte dell’Architetto veronese Orfeo Rossato, e l’edificazione dell’ossario venne completata nel 1936. Le salme dei militari caduti vi furono trasferite nel 1938. Circa trent’anni dopo, Italia ed Austria concordarono assieme di trasferirvi anche le salme dei caduti austro-ungarici, con la richiesta da parte austriaca di lasciare dov’erano 5 cimiteri austriaci degli 8 rimasti.

Veduta aerea dell’Ossario di Asiago

La struttura si compone di un unico piano a forma quadrata, con i lati di 80 metri ciascuno, in cui è ricavata la cripta con i loculi dei caduti disposti lungo le pareti delle gallerie perimetrali ed assiali, mentre al centro vi è la cappella votiva di forma ottagonale. Nei pressi della cripta è stato allestito un museo diviso in due settori. Al di sopra della cripta vi è un ampio terrazzo a cui si accede tramite una scalinata larga 35 metri. La parte superiore è costituita da un imponente arco di trionfo alto 47 metri, al centro del quale si trova un altare votivo. Ai quattro lati del terrazzo, nel parapetto della balconata, sono incisi ed indicati da frecce i nomi delle località più importanti della Grande Guerra. Di recente, presso l’entrata è stata posta una targa commemorativa in ebraico, italiano e tedesco con affissa una stella di Davide, volta a ricordare come tra i numerosi caduti vi siano anche militari di origine ebraica.

Dall’Altopiano di Asiago all’Altopiano di Tonezza

Le tappe in breve
1- Asiago – Forte Interrotto – Monte Zebio
2- Monte Zebio – Monte Colombara – Monte Zingarella – Malga Galmarara
3- Malga Galmarara – Bivio Italia – Monte Ortigara
4- Asiago – Canove (museo) – Strada del Trenino – Tresche Conca
5- Tresche Conca – Forte Corbin – Pedescala – Tonezza

Se dall’Ossario che domina l’abitato di Asiago volgete i vostri occhi verso settentrione, vedrete quelli che furono i luoghi dove si svolsero i combattimenti più drammatici del primo conflitto mondiale. Da quella parte prosegue il nostro cammino.

Proseguendo verso l’alto e lasciandoci alle spalle le ultime propaggini abitate, giungiamo sulla zona Nord dell’Altopiano dei Sette Comuni, e ci dirigiamo verso il Monte Ortigara imboccando la Kaiser Karl Straße. Questa strada fu realizzata tra il 1916 e il 1917 dall’esercito austro-ungarico per dotare la zona nord dell’Altopiano di una strada agibile per i mezzi motorizzati per permettere alle truppe e ai rifornimenti di raggiungere velocemente la zona dei combattimenti. La strada fu intitolata all’Imperatore austroungarico Carlo I d’Asburgo, che visitò le retrovie dei combattimenti nell’autunno del 1917. Con i suoi sette chilometri di lunghezza, la strada si presenta come un eccellente percorso per chi usa la mountain-bike, oltre alla sua notevole importanza storico-culturale.

Il Monte Ortigara

Siamo arrivati sulla vetta del Monte Ortigara, a quota 2.106 metri.

Questa montagna è di triste memoria per gli Alpini, in quanto dal 10 al 29 giugno 1917 fu combattuta una delle più sanguinose e feroci battaglie della Grande Guerra. Furono schierati da parte italiana e austriaca complessivamente 400.000 uomini, dei quali moltissimi da parte italiana persero la vita, soprattutto nei battaglioni degli alpini. Da allora il monte fu soprannominato “Calvario degli Alpini”, e dal 5 al 7 settembre 1920 si svolse la prima Adunata Nazionale degli Alpini. Circa 2.000 persone confluirono sulla vetta della montagna  per deporvi una colonna mozza a memoria dei loro compagni caduti, con affissa la scritta Per non dimenticare. Lasciando questo scenario di desolazione e tristezza alle nostre spalle, riprendiamo la strada del ritorno, fino ad arrivare ad Asiago. A questo punto, volgiamo il nostro cammino verso la frazione di Canove, dove si trova un piccolo edificio a testimonianza della memoria storica: Il Museo della Grande Guerra.

Fondato nel 1972 e ricavato da un’ex stazione della linea ferroviaria Piovene Rocchette – Asiago, il museo ospita in quattordici sale oltre 10.000 reperti: effetti personali appartenuti ai soldati, indumenti, decorazioni, attestati e foto dell’epoca, ma anche ritrovamenti bellici tra cui armi, elmetti, mappe originali, il tutto per una superficie espositiva di circa seicento metri quadrati dedicati alla Grande Guerra, più una sezione riservata alla seconda guerra mondiale. Ogni singolo reperto esposto proviene dai campi di battaglia dell’Altopiano di Asiago.

Il Monte Cimone

Adesso proseguiamo il cammino e discendiamo dall’Altopiano, per giungere nella Valle dell’Astico. Ma nuovamente risaliamo per raggiungere Tonezza, perché qui altri luoghi della memoria attendono voi visitatori. Tonezza infatti si trova sul Monte Cimone, una montagna di notevole importanza strategica durante la Grande Guerra.

L’ufficiale austriaco Fritz Weber, nelle sue memorie, la definì così:

Monte Cimone è una cima d’importanza strategica eccezionale e nel corso della guerra potrà, forse, decidere le sorti di Vicenza e di Venezia

Fritz Weber

Erich Saffert, nel suo diario di guerra, definisce il Cimone come “Il luogo della più terribile paura”.

Un tempo il Cimone era una montagna molto più alta ed imponente. La sua attuale forma ha origine il 23 settembre 1916, quando alle 5:45 furono fatte esplodere 14,2 tonnellate di sostanze esplosive da parte dell’esercito austroungarico, per cercare di allontanare le truppe italiane che l’avevano riconquistata il 23 luglio, dopo averla persa il 25 maggio 1916 in seguito alla Strafexpedition. Il risultato fu un orrendo massacro da parte degli austriaci, i quali causarono la morte di oltre 1.200 soldati italiani, i quali al termine del conflitto furono tutti inumati in un unico grande vano, su cui fu realizzato l’Ossario. Tra i sepolti vi figura anche l’ingegnere che lo progettò: Thom Cevese.

Veduta dell’Ossario del Cimone

Il 28 settembre 1929 avvenne la solenne inaugurazione dell’Ossario, alla presenza del Principe ereditario Umberto di Savoia (poi Re Umberto II). Nella stessa zona, andando verso il centro di Tonezza, è possibile trovare anche un Cimitero Austro-Ungarico. Realizzato a maggio del 1916 per ospitare le salme dei soldati allora caduti, questo cimitero ospita i caduti del secondo reggimento Kaiserjäger e i reparti del k.k. Landsturm, per un totale di 1000 salme.

Nel settembre 2006 è stato ridenominato Monumento alla concordia e alla pace.

Dall’Altopiano di Tonezza al Monte Pasubio

Le tappe in breve
1 – Monte Cimone – Strada degli Alpini – Castana
2 – Castana – Posina – Passo Xomo
3 – Passo Xomo – Bocchetta Campiglia – Strada 52 Gallerie – Rifugio Papa
4 – Rifugio Papa – Strada degli Eroi – Passo Pian delle Fugazze – Ossario del Pasubio

Lasciamo ora l’abitato di Tonezza, e dirigiamoci verso quella montagna che potete scorgere sullo sfondo. Quel massiccio roccioso, imponente, che sovrasta le valli circostanti, altro non è che il Pasubio. Alto 2.232 metri, durante la prima guerra mondiale è stato oggetto di importanti combattimenti.

La Strada delle 52 Gallerie

Salendo a Colle Xomo partendo da Posina, in pochi minuti, attraverso una strada ripida e sconnessa arriviamo presso Bocchetta Campiglia, a 1.216 metri di altitudine. Questa sella montana è un luogo di notevole importanza per essere stato il punto di massimo avanzamento delle truppe austro-ungariche durante la Strafexpedition, nel maggio 1916. Solo in questo luogo, l’esercito italiano riuscì a fermare l’avanzata nemica verso la pianura vicentina. Da questo luogo, si parte con la Strada delle 52 Gallerie, che conduce fino ai 1.930 metri delle Porte del Pasubio.

Veduta del Rifugio Papa dalla Strada delle 52 Gallerie

Fu costruita tra il febbraio e il novembre 1917 dal Capitano del Genio Leopoldo Motti (caduto poi il il 29 settembre 1917 durante l’esplosione della prima mina austriaca sul Dente Italiano), per permettere la comunicazione e il passaggio dei rifornimenti dalle retrovie italiane fino in vetta al Pasubio dove correva la prima linea, al riparo dal fuoco nemico. Questo la rese una strada molto più sicura e vantaggiosa, a differenza della rotabile degli Scarubbi, accessibile sì da mezzi motorizzati, ma soltanto nel periodo estivo ed in condizioni molto più pericolose, sotto il tiro dei cannoni austriaci.

La strada è lunga 6,5 km, dei quali 2,3 sono suddivisi nelle 52 gallerie scavate nella roccia. Ognuna di esse è numerata e caratterizzata da una propria denominazione. Tra di esse, di particolare interesse è la 19a, perché oltre ad essere la più lunga (320 m), ha un tracciato ad elica di 4 tornanti, all’interno di un immenso torrione di roccia. Anche la successiva, la 20a è scavata all’interno di un torrione roccioso e, per superare il dislivello, si avvita su sé stessa come un cavatappi.

Il Rifugio Achille Papa

All’uscita della 47a si raggiunge il tratto più alto della strada (2.000 metri), da cui si domina un panorama grandioso sulle vallate circostanti, prima di discendere a destinazione, presso il Rifugio Achille Papa. Il dislivello è di circa 750 metri, e il tempo medio di percorrenza dura tra le 2,5 e le 3 ore. E’ vietato percorrerla in bicicletta, ed è sconsigliato percorrerla durante i temporali o con il brutto tempo.

Una volta arrivati al termine della strada, eccoci alle Porte del Pasubio. Questa piccola sella ebbe un’enorme importanza strategica durante la Guerra, in quanto fu il punto nevralgico dell’Esercito Italiano sul Pasubio. In seguito alla Strafexpedition, quando l’esercito austriaco cercò di sfondare la sella e discendere in pianura, le Porte del Pasubio funsero da punto di ricovero e smistamento nelle immediate retrovie della prima linea.

Appena dietro le Porte infatti, sorse una baraccopoli di edifici e ricoveri che arrivò ad ospitare un migliaio di persone circa, e fu soprannominata El Milanìn: arroccata sullo scosceso versante meridionale, era al riparo delle artiglierie nemiche, e fungeva da punto obbligatorio di passaggio per le truppe provenienti dal piano, sia per quelle che salivano dalla Val Canale (via più breve al massiccio, ma senz’altro più scomoda delle altre), sia per chi proveniva dalle strade degli Scarubbi e delle 52 Gallerie.

Oggi, al posto di quel villaggio militare, sorge il Rifugio Achille Papa, costruito nel 1921 ricavando quel che rimaneva delle costruzioni del periodo bellico.

Sulla facciata vi sono alcune lapidi, come il comunicato in seguito alla battaglia del 2 luglio 1916, dove l’esercito italiano respinse a fatica quello austro-ungarico, e una poesia della poetessa scledense Romana Rompato che recita:

Chi ha salito senza palpiti d’amore
questo Calvario della Patria;
chi non sosta con animo purificato
su questa roccia gloriosa,
non entri in questo Rifugio,
né contempli da queste libere altezze
la dolorante fecondità del piano e il mistero dei cieli.

Romana Rompato

Allontanandoci di poco dall’affollato rifugio, potete notare a poca distanza due enormi speroni rocciosi sul crinale principale della montagna, divisi da una selletta.

Sono il Dente Italiano e il Dente Austriaco, i quali durante la guerra furono fortificati da entrambi gli eserciti: si tratta di vere e proprie fortezze naturali, in cui furono scavati ricoveri, postazioni d’artiglieria e feritoie. In particolare durante la seconda fase del conflitto, nell’inverno 1917-18, essi furono teatro di una guerra parallela denominata “guerra sotterranea” o “guerra delle mine”, in quanto da entrambe le parti vi era il progetto di arrivare a far saltare con l’esplosivo le postazioni nemiche.

La guerra di mine fu caratterizzata da numerosi scoppi e alterne vicende fino alla grande mina austriaca del 13 marzo 1918, quando 50.000 kg di esplosivo squarciarono l’avamposto del Dente italiano. In seguito alla mina del 13 marzo il terreno sotto la selletta dei Denti divenne così instabile da non permettere ulteriori esplosioni, terminando in questo modo la guerra di mine che interessò il Dente Italiano ed Austriaco. Nel 1922 il Dente Italiano fu proclamato Zona sacra, insieme ad altri luoghi del Pasubio.

L’Ossario del Pasubio

Ora ci allontaniamo dal Rifugio Papa per dirigerci tramite la Strada degli Eroi alla destinazione finale del nostro viaggio: l’Ossario del Pasubio.

Giunti ai 1.162 metri del Passo Pian delle Fugazze, imboccate la strada che conduce verso valle, per poi immettervi su una stradina secondaria lunga circa 2 km, che vi condurrà appresso all’Ossario. Questa possente costruzione a forma di faro, alta 35 metri, con una lanterna luminosa sulla sua sommità, è stato realizzato tra il 1920 e il 1926 per iniziativa della “Fondazione 3 novembre 1918 pro combattenti della 1ª Armata” su progetto di Ferruccio Chemello e decorato da Umberto Bellotto e Tito Chini. Si compone di due parti: l’Ossario e il Sacello. L’Ossario, ricavato nel basamento della torre, comprende una cripta centrale e due gallerie concentriche.

Nella cripta sono tumulati i resti di 70 decorati al valore militare, tra cui la salma del Generale Guglielmo Pecori Giraldi, Comandante della 1a Armata dal 9 maggio 1916, fino alla fine del conflitto, nel novembre 1918. Nel resto della cripta vi sono i resti di 5.146 soldati italiani e 40 soldati austriaci caduti durante la Prima Guerra Mondiale sul Pasubio. Le ossa dei caduti, in molte teche in cui sono custodite, sono a vista.

Il Sacello si trova alla sommità di un’ampia gradinata che conduce ad una terrazza con balaustra che circonda la torre, da dove si può dominare un meraviglioso panorama di tutta la vallata circostante. La torre del Sacello è costruita con la medesima pietra della montagna che i soldati avevano calpestato, ed al suo interno sono custodite le ossa dei morti recuperate nella zona del Pasubio.

La cripta, la piccola Cappella al piano terra e tutti i piani del sacello sono decorati con vetrate artistiche e affreschi: dalla teoria dei Santi al piano terra si sale all’interno della torre in un percorso che mostra immagini della guerra, le condizioni dei soldati, fino ad arrivare alla sommità cui si accede attraverso una stretta scala. Ricorre spesso il richiamo alla Prima Armata e sulle vetrate vi è il motto di Casa Savoia FERT.

L’inaugurazione del monumento avvenne il 29 agosto 1926 alla presenza di Re Vittorio Emanuele III, e da allora annualmente si ripete la cerimonia in onore e in memoria della 1ª Armata. L’epigrafe murata sul portale d’ingresso recita:

La Prima Armata / infranto due volte / l’orgoglio nemico / balzò / dal Pasubio al Brennero / assicurando all’Italia / i suoi termini sacri”.

Ogni anno, l’ultima domenica di giugno, all’Ossario vi è una celebrazione in memoria dei caduti in corrispondenza dell’anniversario della più sanguinosa battaglia avvenuta sul vicino massiccio, il 2 luglio 1916.

Il nostro viaggio qui si conclude e noi, felici di avervi accompagnati lungo tutto il percorso, illustrandovi i luoghi più importanti, vi salutiamo e vi auguriamo buona strada!

Per ulteriori dettagli e informazioni aggiornate, consulta il sito ufficiale del progetto Alta Via della Grande Guerra

Alta Via della Grande Guerra è un progetto finanziato da Regione del Veneto, Provincia di Vicenza, Unione Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni e VenetoAgricoltura, con il contributo di 24 Comuni tra la Valle dell’Agno e la Valbrenta.

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